[torna alle News]

DA CHE PARTE VOGLIAMO STARE?

IL VOLONTARIATO DEVE INTERROGARSI E DARSI UNA RISPOSTA!

di Livio Ferrari

Diciamolo francamente, senza falsi pudori: il volontariato è stanco di essere spettatore impotente di quanto avviene nelle carceri italiane. A oltre un anno dall’insediamento del Ministro Mastella, oltre all’indulto – una misura necessaria e dovuta – nulla è mutato. Le leggi che producono carcerazione impropriamente (Bossi-Fini, Fini-Giovanardi, ex-Cirielli) non sono state toccate e si è ormai buttata al vento l’opportunità di maggiore vivibilità per questi luoghi della vendetta sociale.

Il volontariato è amareggiato dall’incontrare in carcere per la maggior parte persone che fanno fatica nella quotidianità (ex-psichiatrizzati, senza dimora, ex-tossicodipendenti, etc.) e vedere che la risposta penale nei loro riguardi continua senza risoluzioni di sorta. Sono esseri umani che scontano periodi lunghissimi di reclusione per reati quali l’oltraggio alle forze dell’ordine, risse, piccoli furtarelli, per quella impossibilità di avere un comportamento sociale dentro la norma, per troppi anni di emarginazione e devianza che li hanno irrimediabilmente leso nella loro integrità psichica. Ma dobbiamo per sempre accanirci contro di loro, non possiamo pensare ad interventi sociali che portino alla creazione di "luoghi di attenzione e di passaggio" (li chiamerei) dove incontrare questi esseri umani e dar loro "spazi di respiro" attraverso i quali evitare che possano continuare a perpetrare azione negative nei riguardi della società ma anche verso se stessi!

Addirittura si ritorna a parlare di nuove carceri, quando rispetto alle 207 attuali ne basterebbe poco più di un quarto per le persone veramente pericolose e per coloro che fanno parte della criminalità organizzata, le restanti potrebbero essere tranquillamente dismesse. Anche la Commissione Pisapia, sulla riforma del codice penale, non ha dato sinora segnali di una reale e vera riduzione della pressione carceraria rispetto all’esecuzione penale. L’art. 27 della Costituzione parla di pena rieducativa e non cita il carcere per l’esecuzione, perciò non possiamo associarlo sempre e comunque per tutti quei reati di cui si rendono protagonisti persone che fanno fatica a vivere, a condurre una vita normale.

Dobbiamo invertire la rotta "americanizzante" intrapresa nell’ultimo decennio, dopo la Simeoni-Saraceni, e ridare significato all’esistenza di tante persone attraverso una riforma complessiva e al passo con i tempi delle politiche sociali, che assieme al fallimento della 328 sono ancora organizzate come trent’anni fa.

E’ urgente anche investire economicamente, da parte dello Stato e dell’imprenditoria in quelle parti d’Italia dove la povertà impera e la malavita (mafia, andrangheta, camorra, sacra corona unita) spadroneggiano e creano situazioni di illegalità in collegamento con pezzi della politica. Ridurre la criminalità, togliere la manovalanza minorile dalle strade della devianza, è un obiettivo primario che deve darsi questo Parlamento attraverso azioni culturali ed economiche. Attenzione, però, che la sicurezza non si determina con l’aumento delle forze dell’ordine né con l’impiego dell’esercito, ma con la possibilità per le persone che vivono nei territori italiani attualmente più degradati di vivere dignitosamente e non dover soccombere ai ricatti e al degrado che la povertà e l’emarginazione determina.

C’è un’infinità di problemi che l’universo della giustizia, della pena e dell’esecuzione penale ha sommato in questi anni e sicuramente non sarà possibile risolverli tutti in una volta, ma affrontarli sistematicamente sì, questo è un obbligo oltre che un dovere.

 

  [torna su]

  [torna alle News]