Lo Sportello Luna del Centro Francescano di Ascolto ha elaborato un progetto di ricerca denominato “Lucytantibaci”, in collaborazione con il Centro di Servizio per il Volontariato e la Provincia di Rovigo, con l’obiettivo di produrre un quadro del fenomeno prostituzione in Polesine, alla luce dell’incontro/scontro tra categorie tradizionali e nuove spinte demografico-sociali.
La prostituzione è un fenomeno che ciclicamente attira l’attenzione di scienziati e ricercatori, decisori politici, giornalisti, operatori sociali, letterati, romanzieri e, non ultime, associazioni di lavoratrici/lavoratori del sesso. Tutti si stanno cimentando nella ricerca di significati, definizioni, quantificazioni e modelli d’intervento sociale o securitario, per un fenomeno complesso ed in costante mutamento: negli anni ’90 l’elemento principale che ha riaperto il dibattito sulla prostituzione è stato il suo legame con l’immigrazione, in particolare con la dimensione clandestina di quest’ultima.
L’esigenza di delineare i contorni del fenomeno prostituivo, che attualmente non si esprime nelle tradizionali forme di strada, nel territorio della Provincia di Rovigo, ha dato vita a questa ricerca. Il lavoro è stato impostato con la consapevolezza che ci saremmo confrontati non solo con un fenomeno complesso intessuto di valenze sociali, fortemente simboliche, che spesso suscita reazioni di tipo emotivo e che a livello di conoscenza diffusa è ricco di stereotipi e di pregiudizi, ma anche con un contesto territoriale carico di specificità e originalità socio-ambientali.
Dall’esperienza di altre città e dagli studi fatti, a livello nazionale, appare chiaro che il fenomeno prostitutivo è caratterizzato da un elevata capacità di adattamento al territorio nel quale si manifesta e da una grandissima complessità, determinata, da un lato, dal rapporto con altri fenomeni (immigrazione, emarginazione, devianza) e, dall’altro, dalle evoluzioni delle politiche nazionali che storicamente hanno governato la prostituzione, oscillanti tra proibizionismo e abolizionismo, e dalle politiche sociali intraprese sia a livello locale che nazionale, comprendendo in esse le attività di organizzazioni di terzo settore, sempre più presenti e impegnate nell’elaborazione di interventi.
Considerando questi fattori e le peculiarità dell’area in questione e del tema della ricerca, “Lucytantibaci” rappresenta per il territorio rodigino un’importante opportunità per conoscere meglio un fenomeno al suo statu nascenti, e per monitorare le zone più a rischio, confrontandosi con tutti quei soggetti che per attività lavorativa o di volontariato possono entrare in contatto con il fenomeno.
Da qualche tempo, ormai, il mercato del sesso a pagamento, a livello nazionale, sta subendo grosse trasformazioni: diminuiscono le presenze in strada e i soggetti che svolgono l’attività prostitutiva si allontanano sempre più da essa, inserendosi in circuiti chiusi, alimentando una situazione di duplice invisibilità: della prostituzione in sè, e, soprattutto, delle eventuali situazioni di sfruttamento. Ecco perché una riflessione che prenda atto della realtà in cambiamento è d’obbligo.
La ricerca
La Ricerca-Azione si propone come una conoscenza strettamente legata all’operatività e prevede il coinvolgimento diretto degli attori sociali. Oltre a ciò, è uno strumento che permette agli operatori non solo di riflettere sulle proprie pratiche, e sull’efficacia degli interventi, mentre fanno ricerca, ma anche di costruire una rete di collaborazione capace di coinvolgere una gamma sempre più ampia di soggetti, appartenenti alle agenzie territoriali pubbliche e alle diverse realtà del privato sociale, che a vario titolo possono essere chiamate ad intervenire sul fenomeno. La scelta della metodologia di indagine è anche determinata dalle motivazioni e dalle finalità della ricerca stessa: delineare le caratteristiche del fenomeno prostitutivo cercando di coglierne le evoluzioni, e prefigurare i nuovi possibili scenari di radicamento, al fine di ridefinire approcci, metodologie e infine strumenti in grado di agire, là dove presenti, sulle situazioni di sfruttamento per combatterle e per contrastare la criminalità.
E’ evidente che negli ultimi tempi ci sia stato un aumento massiccio della percezione diffusa della prostituzione in Polesine, determinato anche dal fatto che molto spesso, sui quotidiani locali, appaiono notizie relative a fatti ad essa connessi, mentre lo sviluppo di annunci più o meno espliciti sull’offerta e scambio di prestazioni sessuali, sia sulla carta stampata che sui siti web, è stato consistente.
Le tappe della ricerca:
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Elaborazione del progetto.
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Analisi preliminare (selezione delle località d’osservazione)
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Identificazione degli opinions leaders o testimoni privilegiati, persone che direttamente o indirettamente per attività di volontariato o per professione possono entrare in contatto con soggetti coinvolti nel mondo della prostituzione, e dei modi e dei mezzi per raggiungerli.
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Raccolta dati attraverso: interviste, osservazioni, selezione materiali, mappature.
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Elaborazione ed analisi.
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Stesura report.
Le finalità e gli obiettivi della ricerca:
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Fotografare la situazione attuale del mercato del sesso in questo territorio.
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Individuare i luoghi in cui si esercita la prostituzione sommersa.
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Approfondire “come” le persone che possono entrare in contatto con il fenomeno, lo percepiscono, lo elaborano, e quali sono gli elementi che essi definiscono come situazioni di emergenza.
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Gettare le basi una rete provinciale concretamente operativa capace di dare risposte concrete e tenere monitorata la situazione nel territorio.
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Attuare un percorso di sensibilizzazione diffusa sul fenomeno.
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Individuare gli elementi funzionali a nuove prassi di intervento.
Gli strumenti per la raccolta dei dati qualitativi:
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Interviste semi-strutturate somministrate a soggetti che hanno una conoscenza diretta del fenomeno, e a soggetti che ne hanno una conoscenza indiretta o mediata
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Raccolta selezione e analisi dei materiali utili (articoli di giornale, etc…).
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Osservazione diretta delle zone più a rischio.
Trattamento dei dati quantitativi:
- Consultazione e trattamento dei dati disponibili (Istat)
Trattandosi di una ricerca sperimentale, è necessario fare due precisazioni: in primis, l’evolversi dello studio è stato determinato dai dati, per lo più di tipo qualitativo, data la natura stessa del fenomeno, che via via venivano raccolti, imponendo un maggiore impegno su alcune località rispetto ad altre; inoltre i vari strumenti utilizzati sono stati, in alcuni casi, “combinati” e interpretati in base al conteso locale, al fine di arricchire la ricerca mettendo in evidenza in modo più approfondito aspetti particolari utili a dare una visione più completa del fenomeno indagato.
Quello che emerge dalla ricerca
Dal nostro lavoro, possiamo tracciare un quadro del fenomeno prostitutivo a livello provinciale:
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prevalentemente indoor, concentrato soprattutto all’interno dei locali notturni, principalmente night-clubs, molto diffusi sul territorio provinciale: una quindicina di locali, 4 in più rispetto alla provincia di Padova.
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Dall’analisi degli articoli di cronaca apparsi sui quotidiani locali, circa un 60% è relativo a casi di sfruttamento avvenuti all’interno di night-clubs coinvolgenti donne dell’Est.
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Il restante 40% indica che le altre forme di esercizio si dividono tra appartamento e strada (pendolarismo), coinvolgendo donne di varia nazionalità.
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Intorno alla prostituzione in appartamento esistono giri d’affari relativi all’affitto o all’acquisto, di appartamenti da adibirsi a teatri di scambio sessuale. Questa tendenza coinvolge anche, in particolare, la zona marittima della Provincia (Rosolina Mare), sia durante il periodo estivo che durante il periodo invernale.
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Dall’analisi delle testate locali e dall’osservazione dei dati presentati dall’Istat vi sono stati diversi episodi eclatanti di sfruttamento della prostituzione, con il coinvolgimento di persone di nazionalità italiana e dell’Europa dell’est nella gestione dei traffici, specie se legati a locali notturni, e di uomini e donne di nazionalità nigeriana per quanto riguarda la prostituzione pendolare e in appartamento; quest’ultimo, soprattutto, è un aspetto in aumento e il veicolo di approccio è costituito dagli annunci sulla stampa e attraverso internet.
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Nell’arco di quattro anni (2000-2003), il numero medio delle persone denunciate all’autorità giudiziaria da parte delle Forze dell’Ordine per delitti relativi a sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione (dato da non considerarsi, come in precedenza illustrato, speculare in toto rispetto ai possibili contatti delle Forze dell’Ordine o dell’autorità giudiziari verso il fenomeno), è stato di quattordici l’anno. Naturalmente ogni persona denunciata può esserlo in funzione della gestione di un volume di traffico d’intensità, tipologia e dimensione variabili. Il tasso di persone denunciate medio per 100.000 abitanti, nello stesso periodo, è di quasi 5,8, contro una media regionale di 5,2 circa: in questo senso il tasso registrato a Rovigo è inferiore solo a quelli di Padova e Verona.
Nello specifico, possiamo individuare gli aspetti caratterizzanti le tre grandi aree del Polesine:
Basso Polesine. Si tratta dell’area maggiormente influenzata dalla conformazione fisica del territorio e della mancanza di una rete di mezzi e strutture di comunicazione. In parte in conseguenza di ciò, si possono individuare alcune caratteristiche sociali:
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forte disoccupazione femminile, soprattutto nelle zone del Delta del Po (comune di Porto Tolle) e nei comuni vicini alla costa, anche a causa della crisi economica che ha investito il settore industriale in genere, e tessile in particolare.
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Crisi dei nuclei familiari tradizionali, particolarmente significante per la donna, che non gode di ampie possibilità di emancipazione, principalmente lavorativa, e per i minori.
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Le problematiche principali, per ciò che riguarda le fasce più giovani d’età, restano legate a dipendenze.
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Bassa mobilità e densità della popolazione immigrata, per lo più formata da famiglie stanziali e piuttosto integrate a livello lavorativo, provenienti dall’area del Maghreb e dell’est Europa, fatta eccezione per i lavoratori stranieri pendolari-settimanali impiegati nei cantieri navali della zona, che vivono spesso in condizioni di forte marginalità. Buoni livelli d’integrazione sociale sembra aver raggiunto la comunità albanese nella zona di Adria, grazie anche ad un progetto ad hoc intrapreso diversi anni fa.
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La prostituzione è percepita come presente esclusivamente all’interno dei night-clubs. Ciò implica alti livelli di invisibilità del fenomeno, soprattutto per forme di scambio sessuale sommerso all’interno di altre tipologie di circuito chiuso.
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I servizi presenti sul territorio faticano a mantenere un contatto continuo con il target di riferimento anche per la conformazione morfologica del territorio.
Medio Polesine. L’area del Medio Polesine comprende il capoluogo di provincia, Rovigo, e in tal senso non vive le situazioni di isolamento che caratterizzano parte del Basso Polesine. Relativamente ai fenomeni da noi presi in esame, si possono individuare alcune caratteristiche comuni a quest’area, escludendo il capoluogo di Provincia:
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la presenza immigrata è lievemente superiore a quella del Basso Polesine, e percepita come tale, mentre qualitativamente è piuttosto simile. Più consistente, per quanto difficilmente penetrabile, risulta essere la comunità cinese.
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Il fenomeno prostitutivo si sviluppa all’interno dei night-clubs, ma anche a livello di percezione sociale la prostituzione in appartamento appare piuttosto diffusa e con un trend in crescita. Le zone più coinvolte sono quella di Polesella e di Lendinara, in quest’ultima emergono due tipologie specifiche: ci sono appartamenti in cui vivono ragazze dell’Europa dell’est e dal Sudamerica, che praticano l’attività esclusivamente in appartamento; altre, prevelentemente ragazze dell’Europa dell’est, che lavorano come ballerine all’interno dei night-clubs, e che usano il locale come fonte di contatti per poi prostituirsi all’interno del proprio appartamento.
Alto Polesine. L’Alto Polesine presenta caratteristiche particolari, vista la sua posizione confinante rispetto ad altre regioni, che la rende, in buona parte, “zona di passaggio”. Per molti comuni, questa situazione si traduce in difficoltà pratiche di attribuzione di competenze e “appoggio” al capoluogo di riferimento, sia per quanto riguarda la gestione territoriale dei servizi, sia per quanto concerne l’attività delle Forze dell’Ordine.
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La presenza immigrata è più evidente nelle zone confinanti con la provincia di Ferrara, anche nel contatto diretto con i servizi del territorio, in particolare con quelli sanitari (c’è stato un aumento intorno al 30% di persone straniere nell’utenza).
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A Santa Maria Maddalena, in particolare, è residente una comunità nigeriana, nazionalità poco presente a livello provinciale, se si esclude la città di Rovigo.
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Nelle stessa zona, è più alto il livello di mobilità, anche per ciò che riguarda la prostituzione: il pendolarismo favorito anche dall’efficace rete di mezzi di comunicazione, per praticare l’attività in strada verso i centri più grandi (Ferrara).
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Un’altra zona in cui la percezione raggiunge livelli notevoli è quella di Trecenta, dove il fenomeno prostitutivo sembra essere differenziato nelle modalità di esercizio e scambio, e quantitativamente piuttosto consistente. E’ inoltre da rilevare la presenza di attività a forte sospetto di copertura (prostituzione mascherata).
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Esiste una notevole presenza di attività prostitutiva diffusa che viene esercitata sia all’interno dei circuiti chiusi night-clubs (Badia Polesine, Trecenta, Occhiobello) e “locali mascherati” (Trecenta), in appartamento (Santa Maria Maddalena, con casi di sfruttamento), e nelle strade delle altre città con il pendolarismo.
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Un'altra realtà che colpisce soprattutto le donne immigrate è quella legata alle violenze domestiche, sia in ambito familiare che in ambito lavorativo, specie nei confronti di donne impegnate come badanti.
Rovigo. La realtà del capoluogo appare decisamente più complessa e articolata, in particolare rispetto al fenomeno dell’immigrazione; per quanto riguarda la realtà prostitutiva la sua evoluzione e visibilità a Rovigo è sicuramente diversa rispetto a quelle di altre città vicine:
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la presenza di popolazione immigrata è numericamente e visibilmente più consistente e questo vale in particolare per la comunità nigeriana, che ha dato vita anche vere e proprie attività commerciali presenti solo nel centro di Rovigo.
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Nel capoluogo il contatto con la popolazione immigrata è reso più agevole dalla buona presenza di servizi; per la prostituzione, in particolare, è attivo un servizio di drop-in, presso il Centro Francescano di Ascolto, ed è in via di costruzione una rete operativa che comprende istituzioni e terzo settore, imperniata sul tavolo comunale dedicato al tema.
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La prostituzione a Rovigo è presente prevalentemente con il pendolarismo, che coinvolge soprattutto ragazze nigeriane, ma anche nei circuiti chiusi, per quanto riguarda ragazze provenienti dall’Europa dell’est. I canali più utilizzati di contatto all’interno dei circuiti indoor sono: annunci e pubblicità su riviste e siti on-line, e passaparola.
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Dalle pagine del rapporto West, emerge che nella zona di Legnago esiste prostituzione da marciapiede lungo la statale transpolesana in direzione Rovigo, che coinvolge esclusivamente ragazze nigeriane.
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Come emerge sia dall’osservazione diretta che da alcune testimonianze all’ interno del contesto urbano della città sono riconoscibili luoghi, quali giardini pubblici, bar, ristoranti, negozi etnici, pensioni, teatro d’incontro tra domanda e offerta di prestazioni sessuali. A Rovigo abbiamo individuato circa 5 luoghi di questo tipo.
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Si è assistito anche a forme di scambio difficilmente classificabili, con incontri “in strada”, probabilmente su appuntamento, e conseguenti spostamenti in macchina.
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