Centro Francescano di Ascolto
Sportello
Resoconto attività 2007
e nuove prospettive
Lo Sportello Luna del Centro Francescano di Ascolto ha vissuto nel corso del 2006 una ampliamento consistente, grazie alla collaborazione con la Caritas Diocesana di Adria e Rovigo, che ha consentito il potenziamento delle attività, e l’integrazione con il Centro di Ascolto Caritas, tradizionalmente frequentato da un’utenza di soggetti molto ampia. Lo Sportello Luna ha proseguito durante il 2006 il suo servizio dedicato all’universo femminile, che offre ascolto, accompagnamento e informazione, integrando la propria attività con nuove modalità operative e avviando progettualità future interessanti. A livello istituzionale, prosegue l’ottima collaborazione con il Consultorio famigliare locale, sia per quanto riguarda l’aspetto prettamente medico, che per la risoluzione di bisogni psicologici e legali (con attenzione particolare a ragazze minorenni).
In relazione al fenomeno prostitutivo la zona di Rovigo continua a presentare caratteristiche originali. Nonostante l’assenza di un mercato su strada diffuso, le tradizionali distinzioni che si è soliti operare tra prostituzione all’aperto e al chiuso sembrano perdere intensità, dando vita ad un quadro particolare, che vede una viva presenza di sommerso, i cui canali di accesso e comunicazione con l’esterno non risultano facilmente identificabili, e di prostituzione “pendolare” verso le città limitrofe. Oltre a ciò, in provincia, il numero dei night-clubs risulta elevato in proporzione alla popolazione residente. Viste le peculiarità della situazione, continua a non essere pensabile la realizzazione di un’unità di strada operante in loco. Ciononostante la ricerca di canali di comunicazione con le ragazze resta un obiettivo imprescindibile, poiché soltanto attraverso il contatto con il target è possibile non solo, ovviamente, l’intervento, ma anche una comprensione realistica del fenomeno che si ponga a base della progettazione dell’intervento stesso. E’ proprio l’avvicinamento al target la grande “sfida” in un territorio come quello polesano: ed è in questo senso che in buona parte è orientato il lavoro dello Sportello Luna. A tal fine si è ulteriormente sviluppata la collaborazione con l’unità di strada della città di Ferrara, città che più di altre sembra convogliare a sé i flussi pendolari nell’esercizio della prostituzione, e si è allargata la rete di collaborazione a livello regionale ad altri soggetti con esperienza decennale che hanno avviato e sperimentato pratiche di contatto destinate a mercati prostitutivi indoor, come il Servizio Città e Prostituzione del comune di Venezia.
Un elenco delle singole attività, maggiormente dettagliato, viene di seguito riportato.
1. Drop-in Center
Si tratta di uno sportello multifunzionale a bassa soglia che prevede attività di ascolto, orientamento, consulenza e accompagnamento presso i servizi del territorio, con particolare riferimento a quelli legati al disbrigo di pratiche burocratiche (permessi di soggiorno, matrimoni, residenza…).
Il termine è intraducibile, letteralmente, in italiano: drop-in significa “capitare dentro”, “finire in”. E’ comprensibile, tuttavia, il tipo di funzionalità che lo sportello svolge, attraverso l’offerta di una base di contatto più ampia possibile. Tuttavia esso è dedicato specificatamente all’attività a favore di persone straniere e alle donne in difficoltà.
L’obiettivo immediato dello sportello è allargare quanto più possibile il canale di contatto con le persone straniere residenti nella provincia di Rovigo, comprendendo quelle irregolari e clandestine. E’ chiaro come l’offerta di un servizio e un trattamento “non istituzionale” possa facilitare questa operazione: la presenza del permesso di soggiorno regolare rappresenta infatti un passepartout quasi indispensabile nell’accesso a quasi tutti i servizi pubblici.
Le attività svolte sono, nel dettaglio:
Come detto in precedenza, l’opportunità di svolgere l’attività dello Sportello Luna presso la sede della Caritas Diocesana di Adria e Rovigo è stata essenziale per sviluppare una più ampia gamma di contatti. Basti considerare alcuni dati rilevati sulle presenze presso il Centro Ascolto della Caritas Diocesana del periodo agosto 2005-marzo 2006, all’interno del quale sono stati rilevati 450 soggetti; tale numero è riferito alle persone fisiche e non agli accessi di queste durante il periodo considerato. Infatti gli accessi risulterebbero in numero molto più elevato dal momento che una persona può accedere più volte al Centro di Ascolto per varie esigenze, ad esempio per seguire un progetto continuativo, costruito insieme all’operatore, di promozione sociale e autonomia individuale.
Dalle rilevazioni effettuate si può ritenere, che nell’arco di un anno siano circa un migliaio le persone che accedono ai servizi della Caritas Diocesana.
È Importante sottolineare che delle 450 persone il 76% è costituito da donne.
Figura 1:
Come mostra la figura 2 l’età dei soggetti risulta elevata; oltre il 53% ha un età compresa tra i 30 e i 50 anni. Tendenzialmente i maschi sono più giovani, il 32% ha tra i 30 e i 40 anni, fra le donne il 23%, mentre il 28% delle donne ha 40-50 anni rispetto al 25% degli uomini. Tale tendenza, attualmente, ha subito delle modifiche dovute all’apertura dello Sportello Luna, dedicato ad un target femminile più giovane, tanto che l’età delle utenti, in media, non supera i 30 anni. In questo senso l’integrazione dello Sportello con il Centro di Ascolto Caritas ha consentito l’ampliamento della popolazione contattata, dal momento che in quest’ultimo non erano presenti servizi predisposti in maniera specifica per quelle problematiche che normalmente possono riguardare le donne più giovani. I dati statistici aggiornati relativamente all’inserimento dello Sportello Luna verranno elaborati su ciclo annuale, pertanto non sono ancora disponibili (essendo il progetto partito a inizio aprile 2006 e tuttora in corso).
Figura 2:
Figura 3:
Il servizio di accompagnamento nelle strutture sanitarie locali risulta connesso, essenzialmente, a tre tipologie di bisogno: cure mediche, sostegno psicologico e assistenza burocratico-legale (in particolare, rispetto a casi che coinvolgono minori). All’interno di queste tre dimensioni si sviluppa concretamente l’attività, che va dalla divulgazione di informazioni relativamente al diritto alla salute, all’accesso alle strutture, alle tipologie di prestazioni garantite anche alle persone irregolari e ai loro figli grazie al codice STP (Straniero Temporaneamente Presente), all’autocertificazione dello stato di indigenza per usufruire dei servizi sanitari senza oneri o con oneri ridotti, fino all’accompagnamento personale. L’accompagnamento costituisce un’attività importante di questo servizio, dal momento che spesso riesce a creare un buon rapporto di fiducia con le persone. Ciò permette una maggiore capacità di interazione reciproca che porta le persone ad aprirsi ed essere in grado di fare richieste di aiuto per problemi più articolati e complessi. Le richieste di aiuto vanno dall’esigenza di avere informazioni per il disbrigo di pratiche burocratiche (dal rinnovo del permesso di soggiorno, ai ricongiungimenti familiari, all’iscrizione dei figli nelle strutture scolastiche), all’inserimento lavorativo, alla ricerca di alloggio fino alla richiesta di creare percorsi per uscire dal mondo della prostituzione.
All’accompagnamento sono connesse attività di mediazione, oltre a quella linguistica, di raccordo operativo con i medici e le assistenti sociali dei servizi sanitari, finalizzate alla creazione di quelle condizioni essenziali per permettere alle utenti di muoversi il più presto possibile all’interno delle strutture in piena consapevolezza e autonomia.
La lingua, attualmente, costituisce il primo sostanziale ostacolo per l’accesso autonomo alle strutture da parte delle persone straniere: nella prassi, anche la sola impossibilità di leggere e comprendere le indicazioni sui pannelli informativi all’interno delle strutture, è un deterrente non trascurabile nell’approccio al servizio. Questa situazione, come emerge dalla nostra esperienza diretta e dai racconti che raccogliamo attraverso il servizio di ascolto, può avere delle conseguenze gravi. Può infatti accadere che per scarsa informazione, o per timori di denunce e segnalazioni, specie in condizione di irregolarità, le ragazze straniere corrano il rischio di curarsi con farmaci inadatti, magari su consiglio di conoscenti senza preparazione adeguata, o, cosa ancor più pericolosa, di finire nelle mani di veri e propri criminali senza scrupoli che chiedono somme di denaro altissime e mettono a repentaglio la salute e la vita delle persone. Per limitare il margine di rischio è necessario, quindi, rendere l’accesso alle strutture sempre più facile attraverso la diffusione delle informazioni sulle opportunità che esse offrono.
La rapida evoluzione del fenomeno migratorio nella città di Rovigo non ha ancora dato il tempo alle strutture sanitarie locali di istituire, al loro interno, sportelli ad hoc per stranieri, in particolare per coloro che non sono in regola con i documenti. Di conseguenza l’esaurienza delle spiegazioni sulle modalità di accesso, sulle procedure per le pratiche per il codice STP o per l’autocertificazione dello stato di indigenza, viene lasciata alla discrezionalità, alla conoscenza e alla disponibilità dei medici o di altri operatori sanitari, i quali, frequentemente, sono costretti a limitarsi alla mera prestazione sanitaria e non possono “perdere tempo” con questioni che non riguardano la soluzione di bisogni fisici. Ed è in questo contesto che la presenza delle volontarie assume molteplici utilità, sia per le persone che accedono al servizio, che per i medici. Questi ultimi, infatti, collaborano molto volentieri e riconoscono l’assoluta necessità di una figura che possa anzitutto dare informazioni sulle procedure “burocratiche” di accesso, e in secondo luogo mediare il rapporto medico-paziente durante la visita e al momento dell’illustrazione di un eventuale terapia farmaceutica. Così facendo, si cercano di snellire le attese ed evitare situazioni di tensione e intolleranza che possono verificarsi nelle sale d’attesa. L’attività quotidiana dello Sportello ha permesso una maggiore diffusione delle informazioni sulla STP favorendone la richiesta ai punti sanità previsti dall’Ulss18, evitando, per quanto possibile, “lo spaccio” delle tesserine all’interno di circuiti illegali e a pagamento. Tale incremento di richieste ha evidenziato l’esistenza di alcune difficoltà nella distribuzione, molte delle quali dovute ad incomprensioni che nascono tra il richiedente straniero e l’operatore dello sportello sanitario. E’ importante ribadire che la tesserina sanitaria per straniero temporaneamente presente (STP) è un diritto per le persone senza permesso di soggiorno e non una concessione; per questo è fondamentale un’attività di collaborazione e mediazione tra vari enti che rappresenta sempre una priorità tra le attività dello Sportello Luna. L’attività di mediazione, dunque, si svolge in vari ambiti da quello “istituzionale” connesso all’individuazioni di prassi operative dialogando con altri Enti, e quello più “personale” degli accompagnamenti sanitari degli utenti, non limitabile ad un’opera di traduzione. In tal senso è necessario tenere conto anche dell’approccio determinato da fattori socio-culturali e ambientali, legati ad esperienze negative passate, che diverse persone manifestano nei confronti della cura medica: la trasmissione di alcuni aspetti sulle procedure di accesso, sulle modalità e sulle consequenzialità interne ad una terapia medica, come i cicli di vaccinazioni obbligatorie dei figli, richiede un lavoro di mediazione e comprensione delle matrici culturali di riferimento che sappia spingersi oltre la mera traduzione linguistica.
Nel corso del 2006, gli accompagnamenti, intendendo con questo termine non solo l’affiancamento fisico della persona nell’accesso ai servizi, ma anche l’informativa e il monitoraggio costante in relazione al percorso clinico e preventivo delle ragazze, sono aumentati in maniera piuttosto consistente. Naturalmente la frequenza dei percorsi non ha andamento regolare, e varia in relazione a vari fattori:
Lo scopo di questo servizio, in sintesi, è la tutela, per tutti, del diritto alla salute, nonché la promozione dell’accesso ai servizi locali per sostenere un processo di autonomia consapevole della persona, finalizzato ad uno sviluppo della cultura dell’integrazione su tutto il territorio.
Relativamente al fenomeno prostitutivo, poi, l’approccio sanitario rappresenta uno dei meta-sistemi di contatto con più alto potenziale di buona riuscita. Non per niente anche a livello regionale e nazionale, specie in città che vedono la prostituzione in prima linea nell’agenda delle problematiche d’ordine pubblico, la tendenza è investire sull’approccio sanitario, dal momento che, soprattutto per i target a più alto rischio di marginalità e devianza, rappresenta la metodologia di contatto che ha dato, e continua a dare, i frutti migliori.
3. Il fenomeno prostitutivo a Rovigo e la difficoltà del contatto: orientamenti, progettualità, percorsi di studio di nuove pratiche
Come più volte ribadito, nel territorio Polesano la prostituzione di strada è praticamente assente nelle sue forme “classiche” d’esercizio. Questo pone un problema piuttosto rilevante nella costruzione di un contatto con la popolazione obiettivo.
La prima domanda a sorgere spontanea a chi, non occupandosi del fenomeno, volge uno sguardo ingenuo alla realtà polesana potrebbe essere “ma c’è prostituzione, in provincia di Rovigo?” La risposta è, senza alcuna ombra di dubbio, sì. Ce lo dicono diverse fonti di analisi.
Anzitutto, molte delle ragazze contattate dalle unità di strada operanti in città limitrofe (in particolar modo Ferrara) vivono a Rovigo. Anche se esercitano la professione in altri luoghi, quindi, a Rovigo vivono molte ragazze che si prostituiscono. La costruzione di un canale di contatto con queste persone è anzitutto costruibile attraverso un continuo appoggio a realtà che si occupano di unità di strada in queste città. In particolar modo, la collaborazione che lo Sportello Luna porta avanti oramai da anni con il Centro Donna e Giustizia di Ferrara ha dato molti frutti, permettendoci di seguire diverse ragazze sia nelle fasi di avviamento che di fuoriuscita da percorsi di protezione sociale ex art. 18, oltre che un lavoro collaborativo di ricerca e studio del quale parleremo più avanti.
Oltre a ciò, comunque, è bene ricordare che le persone “pendolari” rappresentano una tipologia di ragazze prostitute meno problematica di altre, sia nel contatto che nella loro capacità di emersione e autonomia “d’uso” del territorio. Questo poiché trovano appoggio nei servizi che sono presenti e ben organizzati nei loro luoghi di lavoro, a loro volta, appunto, in rete con il nostro sportello. Inoltre, in funzione della loro condizione pendolare, non sono costrette a vivere la propria condizione di donne e di prostitute nello stesso territorio, cosa che può comportare, per ovvi motivi, una tendenza a sommergere la propria presenza: molte ragazze riescono a vivere il territorio rodigino con maggiore “normalità”, proiettando altrove la marginalità e lo squallore della propria esistenza.
Il probelma più grande, quindi, è rappresentato dalla prostituzione cosiddetta sommersa. E anche a nella provincia di Rovigo, per quanto si possa esser portati a pensare il contrario, è presente. Anzitutto, come già si è detto, il numero dei night-clubs è piuttosto elevato in rapporto al numero di abitanti. E’ solo attraverso le operazioni di polizia delle quali si ha notizia attraverso i mezzi d’informazione che il fenomeno emerge agli occhi dell’opinione pubblica. La costruzione di un canale di comunicazione con le ragazze che lavorano, e spesso si prostiuiscono o entrano in contatto con i clienti all’interno di questi luoghi è uno dei nodi più problematici che chiunque operi in questo campo si trova a fronteggiare. Sarebbe necessario un coordinamento effettivo con le Forze dell’Ordine, e un investimento di risorse adeguato ad affrontare un fenomeno molto complesso, che corre su un confine spesso apparente tra autodeterminazione e sfruttamento, e che è difficilmente approciabile con metodi classici. La denuncia di un gestore-sfruttatore, probabilmente italiano, che magari ha sequestrato i documenti della ragazza, e che può contare su un’organizzazione maggiormente stabile e in apparenza perfettamente legale, è molto più difficile se paragonata a quella inoltrabile verso imprenditori del sesso “privati”, nella maggior parte dei casi stranieri irregolari e/o clandestini, e con molto meno potere “contrattuale”.
Oltre ai night-clubs, la prostituzione sommersa trova spazi di esercizio o di mercato anche in altri luoghi, quali appartamenti, centri estetici, semplici bar o alberghi. Sono luoghi non sempre facili da individuare, poiché l’attività prostitutiva ad essi riconducibile è pubblicizzata principalmente attraverso il passaparola dei clienti, prima che con gli annunci sui giornali e via web. Si tratta di una forma di esercizio attorno alla quale riescono a svilupparsi reti di sfruttamento e contatto di diversissimo tipo: alcuni locali pubblici possono fungere da luoghi di incontro tra domanda e offerta, mentre la prostituzione in appartamenti privati può essere esercitata con livelli di coercizione differenti a seconda dei casi: quel che è certo è che non si può pensare che essa implichi per forza di cose un sufficiente livello di autonomia da parte delle ragazze. L’esperienza maturata da servizi operanti in altre zone d’Italia da ormai molti anni insegna come dietro a realtà apparentemente “libere” possano annidarsi forme di controllo, se non sfruttamento, molto pericolose in funzione della loro scarsa tracciabilità. Il rischio, in un territorio come quello polesano, è che la percezione diffusa che la prostituzione sia inesistente o comunque esercitata in piena autonomia e come libera scelta releghi episodi di violenza e sfruttamento a una dimensione d’invisibilità sostanziale molto difficile da dipanare. La maggior parte delle ragazze che esercita queste ultime tipologie di prostituzione è originaria dell’Europa dell’est, dell’America del sud e, negli ultimi tempi, della Cina. Entrare in contatto con queste persone, come si è detto, presenta molte difficoltà: questo è imputabile, comunque, anche alle migliori condizioni economiche e ambientali della quale possono godere. Le concrete alternative proponibili, di percorsi di protezione sociale e reinserimento lavorativo, costituiscono un’opportunità a basso valore di scambio, soprattutto se relazionate con il progetto migratorio covato da molte donne, consistente (almeno a livello ideale) in una permanenza limitata nel tempo nel nostro paese per fare ritorno in patria una volta accumulata una somma di denaro ritenuta soddisfacente. Un ulteriore elemento, in ultima analisi, è rappresentato dalla tradizionale mobilità che caratterizza molti soggetti, e che lascia presupporre la presenza di reti gestionali retrostanti di buon livello organizzativo. Un discorso a parte meriterebbe, tuttavia, la prostituzione cinese, per la quale tutt’oggi, e a livello nazionale, non sono ancora chiare le modalità operative e coercitive dello sfruttamento.
In reazione a questi complessi fenomeni, lo Sportello Luna ha avviato una duplice attività, che intende proseguire nel corso del 2007:
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