RELAZIONE 2008

Grafico 1: A.2007, principali nazionalità, valori assoluti, C.d.A Caritas

 

2. Servizio di accompagnamento e orientamento ai servizi sanitari

 

L’accompagnamento costituisce un’attività importante del servizio, dal momento che spesso riesce a creare un buon rapporto di fiducia con le persone. Ciò permette una maggiore capacità di interazione reciproca che porta le persone ad  aprirsi ed essere in grado di fare richieste di aiuto per problemi più articolati e complessi. Le richieste di aiuto, alle quali far seguire un eventuale accompagnamento, vanno come si diceva dall’esigenza di avere informazioni per il disbrigo di pratiche burocratiche (dal rinnovo del permesso di soggiorno, ai ricongiungimenti familiari, all’iscrizione dei figli nelle strutture scolastiche), all’inserimento lavorativo, alla ricerca di alloggio fino alla richiesta di creare percorsi per uscire dal mondo della prostituzione. Tuttavia, in relazione alla tipologia di persone alle quali sono rivolti i servizi dello Sportello Luna, risultano centrali le procedure di orientamento e accompagnamento presso i servizi sanitari locali
Il servizio di accompagnamento nelle strutture sanitarie risulta connesso, essenzialmente, a tre tipologie di bisogno: cure mediche, sostegno psicologico e assistenza burocratico-legale (in particolare, rispetto a casi che coinvolgono minori). All’interno di queste tre dimensioni si sviluppa concretamente l’attività, che va dalla divulgazione di informazioni relativamente al diritto alla salute, all’accesso alle strutture, alle tipologie di prestazioni garantite anche alle persone irregolari e ai loro figli grazie al codice STP (Straniero Temporaneamente Presente), all’autocertificazione dello stato di indigenza per usufruire dei servizi sanitari senza oneri o con oneri ridotti, fino all’accompagnamento personale. All’accompagnamento sono connesse attività di mediazione, oltre a quella linguistica, di raccordo operativo con i medici e le assistenti sociali dei servizi sanitari, finalizzate alla creazione di quelle condizioni essenziali  per permettere alle utenti di muoversi il più presto possibile all’interno delle strutture in piena consapevolezza e autonomia.
La lingua, attualmente, costituisce il primo sostanziale ostacolo per l’accesso autonomo alle strutture da parte delle persone straniere: nella prassi, anche la sola impossibilità di leggere e comprendere le indicazioni sui pannelli informativi all’interno delle strutture, è un deterrente non trascurabile nell’approccio al servizio. Questa situazione, come emerge dalla nostra esperienza diretta e dai racconti che raccogliamo attraverso il servizio di ascolto, può avere delle conseguenze gravi. Può infatti accadere che per scarsa informazione, o per timori di denunce e segnalazioni, specie in condizione di irregolarità, le ragazze straniere corrano il rischio di curarsi con farmaci inadatti, magari su consiglio di conoscenti senza preparazione adeguata, o, cosa ancor più pericolosa, di finire nelle mani di veri e propri criminali che chiedono somme di denaro altissime e mettono a repentaglio la salute e la vita delle persone. Per limitare il margine di rischio è necessario, quindi, rendere l’accesso alle strutture sempre più facile attraverso la diffusione delle informazioni sulle opportunità che esse offrono.
La rapida evoluzione del fenomeno migratorio nella città di Rovigo non ha ancora dato il tempo alle strutture sanitarie locali di istituire, al loro interno, sportelli ad hoc per stranieri, in particolare per coloro che non sono in regola con i documenti. Di conseguenza l’esaurienza delle spiegazioni sulle modalità di accesso, sulle procedure per le pratiche per il codice STP o  per l’autocertificazione dello stato di indigenza, viene lasciata alla discrezionalità, alla conoscenza e alla disponibilità dei medici o di altri operatori sanitari, i quali, frequentemente, sono costretti a limitarsi alla mera prestazione sanitaria e non possono “perdere tempo” con questioni che non riguardano la soluzione di bisogni fisici.  Ed è  in questo contesto che la presenza delle volontarie assume molteplici utilità, sia per le persone che accedono al servizio, che per i medici. Questi ultimi, infatti, collaborano molto volentieri e riconoscono l’assoluta necessità di una figura che possa anzitutto dare informazioni sulle procedure “burocratiche” di accesso, e in secondo luogo mediare il rapporto medico-paziente durante la visita e al momento dell’illustrazione di un eventuale terapia farmaceutica. Così  facendo, si cercano di snellire le attese ed evitare situazioni di tensione e intolleranza che possono verificarsi nelle sale d’attesa.  L’attività quotidiana dello Sportello ha permesso una maggiore diffusione delle informazioni sulla STP favorendone la richiesta ai punti sanità previsti dall’Ulss18, evitando, per quanto possibile, “lo spaccio” delle tesserine all’interno di circuiti illegali e a pagamento. Tale incremento di richieste ha evidenziato l’esistenza di alcune difficoltà nella distribuzione, molte delle quali dovute ad incomprensioni che nascono tra il richiedente straniero e l’operatore dello sportello sanitario. E’ importante ribadire che la tesserina sanitaria per straniero temporaneamente presente (STP) è un diritto per le persone senza permesso di soggiorno e non una concessione, per quanto oggi come oggi la questione sia fonte di ampie discussioni. Resta comunque fondamentale un’attività di collaborazione e mediazione tra vari enti, il che rappresenta una priorità assoluta dello Sportello Luna. L’attività di mediazione, dunque, si svolge in vari ambiti da quello  “istituzionale” connesso all’individuazioni di prassi operative dialogando con altri Enti, e  quello più “personale” degli accompagnamenti sanitari degli utenti, non limitabile ad un’opera di traduzione. In tal senso è necessario tenere conto anche dell’approccio determinato da fattori socio-culturali e ambientali, legati ad esperienze negative passate, che diverse persone manifestano nei confronti della cura medica: la trasmissione di alcuni aspetti sulle procedure di accesso,  sulle modalità e sulle consequenzialità interne ad una terapia medica, come i cicli di vaccinazioni obbligatorie dei figli, richiede un lavoro di mediazione e comprensione delle matrici culturali di riferimento che sappia spingersi oltre la mera traduzione linguistica.
Nel corso del 2008, gli accompagnamenti, intendendo con questo termine non solo l’affiancamento fisico della persona nell’accesso ai servizi, ma anche l’informativa e il monitoraggio costante in relazione al percorso clinico e preventivo delle ragazze, si sono mantenuti su livelli significativi, anche se è da notare un progressivo (e del resto irrinunciabile) miglioramento da parte dei servizi pubblici nella gestione del contatto e delle presa in carico di persone straniere.
Naturalmente permangono alcuni fattori che caratterizzano in un modo o nell’altro l’andamento dei percorsi di accompagnamento:

 

Lo scopo di questo servizio, in sintesi, è la tutela, per tutti, del diritto alla salute, nonché la promozione dell’accesso ai servizi locali per sostenere un processo di autonomia consapevole della persona, finalizzato ad uno sviluppo della cultura dell’integrazione su tutto il territorio.
Relativamente al fenomeno prostitutivo, poi, l’approccio sanitario rappresenta uno dei meta-sistemi di contatto con più alto potenziale di buona riuscita. Non per niente anche a livello regionale e nazionale, specie in città che vedono la prostituzione in prima linea nell’agenda delle problematiche d’ordine pubblico, la tendenza è investire sull’approccio sanitario, dal momento che, soprattutto per i target a più alto rischio di marginalità e devianza, rappresenta la metodologia di contatto che ha dato, e continua a dare, i frutti migliori.

 

3. Il fenomeno prostitutivo a Rovigo

Come più volte ribadito, nel territorio Polesano la prostituzione di strada è praticamente assente nelle sue forme “classiche” d’esercizio. Questo pone un problema piuttosto rilevante nella costruzione di un contatto con la popolazione obiettivo.
La presenza di prostituzione a Rovigo e provincia ha trovato purtroppo, nel corso del 2008, ulteriori conferme. Diciamo purtroppo, in quanto il fenomeno, pur cambiando continuamente volto, non solo non accenna a diminuire, ma anzi sembra in forte aumento; tuttavia, alcune azioni svolte dalle Forze dell’Ordine hanno saputo portare all’attenzione della comunità civile l’entità di un fenomeno fino ad allora considerato abbastanza marginale e paventato solo dalle solite “Cassandre” del terzo settore. La speranza è quella di poter avviare processi di contrasto allo sfruttamento e alla tratta da un lato, e di riduzione del danno e prevenzione e informazione sanitaria dall’altro, che possano e sappiano godere di un livello migliore di sinergia a livello territoriale tra i vari enti potenzialmente interessati. Tuttavia, per ora, resta solo una speranza.
Molte ragazze contattate dalle unità di strada operanti in città limitrofe (in particolar modo Ferrara) sostengono di vivere in Polesine. Anche se esercitano la professione in altri luoghi, quindi, nella provincia di Rovigo vivono molte ragazze che si prostituiscono altrove. Per alimentare le possibilità di contatto con questa persone, continua il coordinamento con realtà che si occupano di unità di strada in altre città, come, in particolar modo, il Centro Donna e Giustizia di Ferrara e la Caritas Diocesana di Padova.
Oltre a ciò, comunque, è bene ricordare che le persone “pendolari” rappresentano una tipologia di ragazze prostitute meno problematica di altre, sia nel contatto che nella loro capacità di emersione e autonomia “d’uso” del territorio. Questo poiché trovano appoggio nei servizi che sono presenti e ben organizzati nei loro luoghi di lavoro, a loro volta, appunto, in rete con il nostro sportello. Inoltre, in funzione della loro condizione pendolare, non sono costrette a vivere la propria condizione di donne e di prostitute nello stesso territorio, cosa che può comportare, per ovvi motivi, una tendenza a sommergere la propria presenza: molte ragazze riescono a vivere il territorio rodigino con maggiore “normalità”, proiettando altrove la marginalità e lo squallore della propria esistenza.
Il problema più grande, quindi, è rappresentato dalla prostituzione cosiddetta sommersa e indoor.
Anzitutto, come già si è detto, il numero dei night-clubs è piuttosto elevato in rapporto al numero di abitanti. E’ solo attraverso le operazioni di polizia delle quali si ha notizia attraverso i mezzi d’informazione che il fenomeno emerge agli occhi dell’opinione pubblica, e quest’anno un’indagine “a tappeto” dei carabinieri nei locali sospetti ha permesso di identificare circa 200 ragazze. La costruzione di un canale di comunicazione con le ragazze che lavorano, e spesso si prostiuiscono o entrano in contatto con i clienti all’interno di questi luoghi è uno dei nodi più problematici che chiunque operi in questo campo si trova a fronteggiare. Sarebbe necessario un coordinamento effettivo con le Forze dell’Ordine, e un investimento di risorse adeguato ad affrontare un fenomeno molto complesso, che corre su un confine spesso apparente tra autodeterminazione e sfruttamento, e che è difficilmente approciabile con metodi classici. La denuncia di un gestore-sfruttatore, probabilmente italiano, che magari ha sequestrato i documenti della ragazza, e che può contare su un’organizzazione maggiormente stabile e in apparenza perfettamente legale, è molto più difficile se paragonata a quella inoltrabile verso imprenditori del sesso “privati”, nella maggior parte dei casi stranieri irregolari e/o clandestini, e con molto meno potere “contrattuale”.
E’ proprio in questa direzione che il coordinamento comunale per la prostituzione, tra l’altro originariamente promosso proprio dallo Sportello Luna, ha deciso di orientare le proprie attività per il 2009, cercando di studiare e sperimentare attività di contatto e informazione all’interno dei night-clubs.
Oltre ai night-clubs, la prostituzione sommersa trova spazi di esercizio o di mercato anche in altri luoghi, quali appartamenti, centri estetici, semplici bar o alberghi. Sono luoghi non sempre facili da individuare, poiché l’attività prostitutiva ad essi riconducibile è pubblicizzata principalmente attraverso il passaparola dei clienti, prima che con gli annunci sui giornali e via web. Si tratta di una forma di esercizio attorno alla quale riescono a svilupparsi reti di sfruttamento e contatto di diversissimo tipo. Alcuni locali pubblici possono fungere da luoghi di incontro tra domanda e offerta, mentre la prostituzione in appartamenti privati può essere esercitata con livelli di coercizione differenti a seconda dei casi: quel che è certo è che non si può pensare che essa implichi per forza di cose un sufficiente livello di autonomia da parte delle ragazze. L’esperienza maturata da servizi operanti in altre zone d’Italia da ormai molti anni insegna come dietro a realtà apparentemente “libere” possano annidarsi forme di controllo, se non sfruttamento, molto pericolose in funzione della loro scarsa tracciabilità. Il rischio, in un territorio come quello polesano, è che la percezione diffusa che la prostituzione sia inesistente o comunque esercitata in piena autonomia e come libera scelta releghi episodi di violenza e sfruttamento a una dimensione d’invisibilità sostanziale molto difficile da dipanare.  La maggior parte delle ragazze che esercita queste ultime tipologie di prostituzione è originaria dell’Europa dell’est, dell’America del sud e, negli ultimi tempi, della Cina. Proprio relativamente a questa nazionalità, alcune indagini delle Forze dell’Ordine hanno fatto emergere nel corso dell’anno passato un giro di appartamenti dedicati all’esercizio della prostituzione, all’interno delle quali sono state rinvenute ragazze in condizioni di vero e proprio sfruttamento e reclusione: nonostante ciò, non si è riusciti a portare a termine nessun percorso di protezione sociale, il che aiuta a capire quanto sia difficile l’interazione, anche nei casi più conclamati, con la comunità cinese, che tra l’altro è molto numerosa, in rapporto al totale dei residenti stranieri, in Provincia di Rovigo.
In generale, comunque, l’entrare in contatto con le ragazze che lavorano nei locali presenta sempre molte difficoltà: questo è imputabile anche alle migliori condizioni economiche e ambientali della quale possono godere. Le concrete alternative proponibili, di percorsi di protezione sociale e reinserimento lavorativo, costituiscono un’opportunità a basso valore di scambio, soprattutto se relazionate con il progetto migratorio covato da molte donne, consistente (almeno a livello ideale) in una permanenza limitata nel tempo nel nostro paese per fare ritorno in patria una volta accumulata una somma di denaro ritenuta soddisfacente. Un ulteriore elemento, in ultima analisi, è rappresentato dalla tradizionale mobilità che caratterizza molti soggetti, e che lascia presupporre la presenza di reti gestionali retrostanti di buon livello organizzativo.
Come già accennato, il lavoro del tavolo locale per il 2009 è stato improntato proprio allo studio di modalità di accesso ai locali, che si tradurrà nell’attivazione di un progetto sperimentale di contatto dei gestori per svolgere alcune attività di informazione all’interno dei clubs. E’ evidente come per lavorare su un terreno così delicato sia indispensabile implementare sinergie territoriali con tutti i soggetti, pubblici e privati, Forze dell’Ordine comprese, che possano dare il loro contributo per la buona riuscita di un progetto che rimane ad alto tasso di rischio.

 

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