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TROPPI E INGIUSTAMENTE PENALIZZATI
I MIGRANTI NELLE CARCERI ITALIANE

In Italia ci sono circa 20mila detenuti di origine migrante, provenienti da 140 diversi Paesi, che costituiscono il 38% dell’intera popolazione carceraria. I migranti nelle carceri italiane erano circa 13.000 nel 2006 (il 33,7%), circa 18.000 nel 2007 (37,5%) e 19.583 nel 2008 (37,8%). Sono alcuni dei dati forniti dal Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria (Dap) il 31 marzo scorso.

Le nazionalità più rappresentate sono il Marocco (4.199 i detenuti di origine marocchina), mentre sono 2.738 i romeni. Solo un terzo dei detenuti migranti ha subito una condanna definitiva.
“I dati però significano poco – ha scritto Andrea Di Nicola, ricercatore in criminologia dell’Università di Trento, in un articolo apparso su Il Sole 24 Ore del 28 aprile scorso – se non sono interpretati”. Secondo il ricercatore, che coordina le ricerche di Transcrime nella sede di Trento, le motivazioni della presenza di così tanti migranti in carcere spesso sono legate “a cause oggettive che sfavoriscono i migranti e di cui all’opinione pubblica si dà raramente conto”.
Secondo Di Nicola, gli studi criminologici attestano che sono i maschi giovani a delinquere di più. Visto che la popolazione migrante ha una più alta percentuale di giovani maschi rispetto a quella italiana, è statisticamente più a rischio di commettere reati. “Inoltre – ha scritto il ricercatore –, cosa ci aiuta a conformare le nostre condotte alle regole, a comportarci bene? I legami sociali, gli affetti, la rete di persone intorno a noi, il nostro livello di integrazione nella società. Tutte cose che, non di rado, gli stranieri non hanno”. Secondo Di Nicola inoltre, i migranti spesso sentono il peso della delusione di aspettative non corrisposte, “e le frustrazioni, a volte, generano devianza”.
Un altro fattore da considerare è la condizione di regolarità o irregolarità dello straniero: innanzitutto molti migranti sono in carcere proprio per violazione delle leggi sull’immigrazione. In secondo luogo, secondo il ricercatore, la maggior parte della criminalità commessa da migranti (tra il 70% ed il 90%) è appannaggio degli irregolari. Analisi scientifiche dimostrano che i regolari hanno invece tassi di criminalità più bassi degli italiani. “È quindi l’irregolarità a produrre criminalità – ha scritto il ricercatore –, e non, come una lettura superficiale dei dati potrebbe far pensare, la semplice nazionalità straniera di una persona. E più le norme sull’immigrazione contribuiranno involontariamente a generare irregolarità – prosegue Di Nicola –, più le nostre carceri traboccheranno di immigrati”.
A contribuire al forte impatto della criminalità migrante sull’opinione pubblica il fatto che i reati commessi dai migranti siano per lo più furti, scippi, rapine e spaccio di stupefacenti, tutti crimini ad alta visibilità: allarmano i cittadini e attraggono l’attenzione della polizia, aumentando anche la possibilità di essere denunciati e di finire in carcere.
In tutte queste problematiche, secondo il ricercatore, va poi a inserirsi il difficile rapporto tra migranti e giustizia italiana. La conoscenza della lingua italiana può penalizzarli in sede processuale.
Ci sono poi persone che hanno difficoltà ad esercitare il diritto alla difesa, a causa di scarse possibilità economiche o della carenza di rapporti famigliari o amicali. In attesa di giudizio, a una persona migrante di rado sono concessi gli arresti domiciliari e, nel caso di condanna al carcere, le alternative alla detenzione sono poco usate.

“Gli immigrati sono i nuovi ultimi – conclude Di Nicola – E nelle carceri finiscono gli ultimi. Le nostri prigioni sono sempre più un grande contenitore di disagio sociale. Un disagio che dovremmo sentire, ma che non ascoltiamo”.

 

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