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IL PIANO CARCERI E LA VERA "MADRE DI TUTTE LE SOLUZIONI"

Francesco Morelli, anima infaticabile di Ristretti Orizzonti di Padova, fa una analisi lucida sulla situazione carceraria italiana e sull'abbaglio del piano carceri che il Capo del Dap Ionta tenta di dare in pasto all'opinione pubblica come la panacea di tutti i problemi.

Intervenendo l’altro giorno alla Camera nel corso del “question time” il ministro della giustizia sì è espresso così: “Abbiamo attuato una politica di contrasto alla criminalità organizzata molto severa, che non ci lascia presumere un abbassamento degli indici statistici mensili di sovraffollamento e di aggiunta di nuove presenze nelle carceri. Per tale ragione individuiamo come la madre di tutte le soluzioni quella della realizzazione di nuovi istituti di pena…”.

Probabilmente il sistema carcerario non risulta sovraffollato a causa dei troppi detenuti provenienti dalle fila della criminalità organizzata, quanto piuttosto dal mondo dell’emarginazione (gli immigrati rappresentano, da soli, quasi il 40% dei reclusi).

Comunque non voglio sollevare obiezioni di natura politica al “Piano carceri” ma limitarmi ad alcune considerazioni tecniche, peraltro da prendere con il beneficio del dubbio, dato che si basano sulle anticipazioni avute da fonti diverse: il “Piano” ancora non è stato presentato ufficialmente.

Capienza delle carceri - Il numero dei posti “regolamentari” viene calcolato in questo modo: la cella “singola” deve essere di almeno 8 metri cubi; ogni successivo posto in più determina l’aumento della cubatura di ulteriori 2 metri. Nelle carceri italiane attualmente in funzione (205) i posti-detenuto così quantificati sono 43.215. Di questi, però, 3.763 non sono utilizzabili, per problemi legati a inidoneità strutturali e igieniche, oppure per la chiusura di reparti dovuti alla mancanza di personale penitenziario. In definitiva, i posti realmente fruibili sono 39.452 (se le norme fossero rispettate). La cosiddet ta “capienza tollerabile” (stabilita con decreto ministeriale) prevede l’aumento di una “quota possibile” di posti attraverso l’utilizzo delle brande a castello. L’ultimo decreto, risalente al 2002, stabilisce che l’incremento può arrivare fino al 47% della capienza regolamentare: in pratica una cella a due posti diventa da tre.

Aumento della popolazione detenuta - L’1 gennaio 2007, a pochi mesi dall’indulto, i detenuti erano 39.005, al 4 maggio scorso 62.057: in 28 mesi l’aumento è stato quindi di 23.052, pari a una media di 823 ogni mese. La crescita è stata pressoché costante, come appare dalle rilevazioni semestrali (vedi allegato) e niente per ora fa pensare che questa tendenza debba modificarsi.

Sovraffollamento -  Rispetto ai posti “regolamentari” ci sono oggi 18.842 detenuti in più, con un tasso di affollamento per 144% a livello nazionale: il record negativo è nell’Emilia Romagna con il 192%, seguita dal Veneto e dalla Puglia (162%). Va però tenuto conto della non disponibilità dei 3.763 posti sopra detti, per cui le “ristrettezze” in cella sono ulteriormente aggravate.

Carenza di personale penitenziario - Le Piante organiche della Polizia Penitenziaria, stabilite con Decreto Ministeriale dell’8 febbraio 2001, prevedono 41.268 unità impiegate negli Istituti di Pena per Adulti. Al 31 marzo 2009 risultavano in forza 35.572 persone: mancano 5.696 operatori, pari al 13,8% del totale. Inoltre, i maggiori “scoperti” nell’organico si registrano proprio nelle regioni a maggiore sovraffollamento della popolazione detenuta: in Liguria gli agenti il 32% in meno e i detenuti il 36% in più della norma; in Emilia Romagna gli agenti sono il 23% in meno e i detenuti il 92% in più, in Veneto rispettivamente - 22 e + 62. In compenso nel Molise la Polizia Penitenziaria ha personale in eccesso del 36%, in Umbria del 14%, In Puglia del 9%, in Calabria del 7%. Per il personale amministrativo è previsto un organico di 9.486 unità: al 31 marzo 2009 i posti coperti risultavano 6.300, con una differenza di - 3.186. Complessivamente nella Amministrazione Penitenziaria il personale mancante è quindi pari a 8.882 unità.

Il Piano straordinario di edilizia penitenziaria - Benché ancora non ufficialmente presentato se ne conoscono le direttrici principali: entro il 2012 la realizzazione di circa 17.000 nuovi posti, con una spesa preventivata di circa 1 miliardo e mezzo di euro.

Il Piano, a mio avviso, presenta alcune grosse incongruenze:

  1. la popolazione detenuta sta aumentando di circa 800 persone al mese e questo ritmo è costante da ormai 30 mesi. Alla fine del 2012 mancano 44 mesi, quindi se il trend non cambia i detenuti saranno 35.000 in più rispetto ad oggi…;
  2. il personale penitenziario è insufficiente, tanto che ci sono reparti detentivi inutilizzati proprio per mancanza di agenti da assegnarvi e, addirittura, un nuovo carcere, quello di Rieti, è completato da tempo ma non viene aperto per lo stesso motivo. Il “Piano” non prevede nuove assunzioni, ma la “redistribuzione” di alcuni incarichi (se verranno affidati all’esterno dell’Amministrazione serviranno comunque risorse economiche aggiuntive, se invece verranno assegnati ad altro personale già in forza… la gestione dei 28 nuovi istituti e dei 46 nuovi padiglioni previsti risulterà alquanto ardua).
  3. la costruzione di “nuovi padiglioni” in Istituti già esistenti significherà sottrarre spazi alle attività lavorative, culturali, sportive, in definitiva ridurrà ai minimi termini gli aspetti “trattamentali” della pena (che già oggi - nella maggior parte delle carceri - si risolve nel trascorrere 20-22 ore al giorno in cella).
  4. la copertura economica del “Piano” è tutt’altro che chiara: il ministero conta di destinare non più di 3-400 milioni di euro (compresi 120 milioni sottratti alla Cassa delle Ammende, che avrebbero dovuto servire per iniziative di reinserimento dei detenuti), mentre la restante parte, cioè il 70%, dovrebbe arrivare da finanziatori privati: mi pare che questa previsione pecchi di ottimismo, considerando la situazione economica globale ed anche la mole di d ebiti pregressi della P.A. nei confronti di creditori privati, che potrebbero non essere tanto “entusiasti” di investire senza solide garanzie di un rientro del capitale.

Con queste premesse la “madre di tutte le soluzioni” non può certamente essere la costruzione di nuove carceri: è invece il maggior ricorso alle misure alternative, che sono più efficaci nel “recupero” delle persone condannate, che abbattono la recidiva, che costano di meno, etc., etc.

Su questo punto il consenso è quasi unanime, dai giuristi, agli operatori sociali, agli stessi operatori penitenziari (agenti penitenziari in testa): tutti concordi nel chiedere che in carcere rimangano soltanto le persone effettivamente pericolose, mentre tutte le altre siano assegnate a pene diverse, a lavori risarcitori, etc.

Perché allora la politica non procede in questa direzione?. Ce lo dice il ministro della giustizia Alfano, in un’intervista pubblicata ieri sul Sole 24 Ore: “il bisogno di sicurezza del paese merita risposte opposte: una politica criminale severa e rigida…” e ancora “la risposta l’hanno già data i cittadini alle elezioni, ma se al Pd va bene continuare a perdere consensi sulla sicurezza, sostenendo che noi cavalchiamo questo tema, contenti loro, contenti noi...”.

Francesco Morelli per Ristretti Orizzonti

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