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REPORTAGE PALESTINA: OPERAZIONE COLOMBA

Una nostra volontaria, Angela Osti di Rovigo, è impegnata in Palestina all’interno della missione di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII denominata “Operazione Colomba”, da oggi inizia un reportage di ciò che accade e non si sa, ma che riteniamo debba emergere e, in questo caso, attraverso la sua testimonianza.

 

Quel che mi piace di Operazione Colomba è che, in un conflitto, non sostiene una parte piuttosto di un'altra, ma si schiera contro le ingiustizie, quindi è forte anche la collaborazione con la parte israeliana, in particolare con le associazioni della società civile. Tutti i venerdì ci sono manifestazioni, in particolare a Gerusalemme Ovest (Israele) contro l'espansione delle colonie in West Bank (Palestina) e verso Gerusalemme Est (Palestina) e contro la costruzione del muro. Anche noi abbiamo partecipato ad una di queste manifestazioni, è bello vedere tanti israeliani che si mobilitano contro il proprio governo perché ponga fine all'occupazione. Ci sono varie modalità, una per esempio è quella delle “Donne in nero”, un gruppo di donne israeliane vestite di nero che stanno ferme immobili ad un incrocio, senza reagire agli insulti, agli sputi in faccia o ad altro che fanno loro i passanti.

Al villaggio la vita procede nell'ordinaria tensione, tra giornate tranquille e giornate super movimentate. Condivido un paio di cose: una giornata trascorsa in una scuola che si trova proprio in mezzo al deserto, inaugurata lo scorso settembre per dare la possibilità ai bambini dei villaggi vicini di andare a scuola, prima non potevano andarci perché le altre scuole erano troppo distanti. Le aule sono tre tende con un po' di banchi, sedie ed una lavagna.
Il tutto costruito un po' alla volta dai professori dopo le lezioni (ve li immaginate professori italiani che pavimentano e puliscono le aule dopo la scuola?).Non vi dico il viaggio, su e giù da colline rocciose e desertiche con una macchina fantasma che ogni tanto si spegnava e si doveva scendere per poi ripartire. Comunque giornata bellissima, gli uomini del villaggio hanno sfidato i ragazzini a pallamano e hanno fatto le gare di velocità nel mangiare un sacchetto di patatine, cose semplici e comuni che loro assaporano molto perché hanno raramente la possibilità di farlo. Poi 5 ragazzini hanno ballato la dabke, ballo tipico palestinese, che però solo gli uomini possono ballare in pubblico. Vedeste che bravi.

Altra bella esperienza è stata la notte trascorsa in un villaggio vicino raggiunto al chiaro di luna piena. Una famiglia che vive in una grotta, ma vedeste che bella e che grande. Ha 10 figli, non naviga certo nell'oro, ma riuscirà a mandare un figlio all'università, pensate: un villaggio sperduto, in cui ci sono solo 3 famiglie di pastori e nient'altro, ed un ragazzo riuscirà ad andare all'università. L'altra famiglia del villaggio abita in una tenda, ma anche questa grande e bella. Non manca proprio nulla! In chiusura devo raccontarvi di un villaggio beduino visitato qualche giorno fa, dico devo perché mi hanno chiesto di raccontare la loro situazione. Il nome del villaggio è scomparso dalle ultime carte geografiche tanto è povero e mal ridotto. E' fisicamente schiacciato da una colonia che si sta espandendo sempre di più, stanno costruendo una strada proprio attaccata alle tende delle famiglie, che sono parecchio povere, e sempre più case coloniche (che sono invece molto belle). Negli ultimi mesi la colonia ha chiuso molte volte l'acqua al villaggio e molto spesso i coloni entrano e distruggono o spaventano, come è successo l'altra notte. Gli abitanti del villaggio godono dello status di rifugiati riconosciuto dall'UNRWA (sono rifugiati del '48 e del '67), ma nulla cambia, l'agenzia sa quanto avviene, ma non può fare nulla. Dopo un po' di racconti il ragazzo del villaggio ha concluso dicendo: “It's our life”. E' una frase che mi è rimasta molto impressa, sanno che è la loro vita e la accettano, ma noi speriamo che un cambiamento ci sia e che prima o poi loro possano tornare a godere del diritto alla terra, alla casa, all'accesso all'acqua ecc.
La donna più anziana mi ha detto: “Come si fa a crescere dei bambini in queste condizioni?”.
Se visitate il sito (www.operazionecolomba.com) ed il blog (Tuwani(R)esiste) trovate il comunicato stampa che abbiamo fatto l'altro giorno su un incidente avvenuto proprio in questo villaggio.

Diciamo che noi ci troviamo al sud della Palestina, nonché di Israele, e come tutti i “sud” sono un po' dimenticati, associazioni ed ong palestinesi, israeliane ed internazionali si concentrano al nord, qui sono un po' abbandonati. Quando diciamo che ci troviamo in un villaggio a sud di Yatta (che è la città più vicina (tra l'altro molto mafiosa)), ci rispondono: “Ma c'è qualcosa a sud di Yatta?”.
Per il resto tutto bene, mi hanno chiesto se voglio diventare la seconda moglie di un tipo del villaggio e, generosamente, mi hanno dato 3 giorni per pensarci. Questo tra l'altro ha portato ilarità al villaggio, già una famiglia se la sta ridendo un sacco perché dice che resterò ad At-Tuwani.
Vi abbraccio, attendo vostre notizie.

Angela

P.S.
Se volete organizzare qualche raccolta fondi pro progetto Palestina, è ben accolta. In forma privata, pubblica, formale, informale. Il progetto viene portato avanti da volontari, ma ovviamente spese di gestione e soprattutto per le strumentazioni ce ne sono sempre. Ho incarico il mio babbo di fare un po' di raccolta fondi, se volete contribuire...comunque quando torno mi piacerebbe organizzare un incontro con i volontari di Operazione Colomba per raccontare un po' l'esperienza e spiegare bene il progetto.

 

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