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REPORTAGE PALESTINA: OPERAZIONE COLOMBA

Una nostra volontaria, Angela Osti di Rovigo, è impegnata in Palestina all’interno della missione di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII denominata “Operazione Colomba”. In questo spazio il reportage, continuamente aggiornato, che ci invia di ciò che accade e non si sa, ma che riteniamo debba emergere e, in questo caso, attraverso la sua testimonianza.

 

 

30 luglio 2010
Ciao a tutti,
ora sono a Gerusalemme per qualche giorno di stacco, giusto il tempo di farsi una doccia, fare una lavatrice e dormire un po'. Il resto dei giorni lo trascorro ad At-Tuwani, un villaggio nelle colline a Sud di Hebron, zona C sulla base degli accordi di Oslo del 1993, ossia area palestinese sotto controllo civile e militare israeliano. In teoria in 5 anni sarebbe dovuta tornare ad essere terra sotto completo controllo palestinese, invece è ancora e sempre più “occupata” dallo Stato di Israele, tramite il sistema delle colonie. Proprio a pochi metri da At-Tuwani, infatti, c'è una colonia (Ma'On) con l'avamposto (Havat Ma'On). I coloni, in particolare quelli dell'avanposto, minacciano ed attaccano continuamente gli abitanti del villaggio, in particolare i pastori ed i bambini, le loro proprietà, i loro animali.
Il lavoro che svolgono i volontari di Operazione Colomba, ed io con loro, almeno ci provo, è quello di accompagnare i pastori al pascolo, scortare i bambini a scuola, fare visita alle famiglie, in particolare quelle più esposte alle minacce dei coloni, il tutto nella speranza che la presenza degli internazionali possa funzionare da deterrente alle azioni violente dei coloni, ma sopratutto si è presenti per documentare, filmando e fotografando, attacchi, minacce, violenze, danneggiamenti agli animali ed alle proprietà perpetrate da coloni, esercito, polizia.
Il villaggio ha scelto la resistenza nonviolenta per reagire alle minacce dei coloni e pare stia funzionando, almeno fa notizia la lotta nonviolenta di un piccolo villaggio che comunque non passa inosservato. Vi rimando al sito www.operazionecolomba.com e al blog Tuwani(R)esiste, così seguite le vicende del villaggio. Proprio oggi stiamo pubblicando un comunicato stampa su un episodio avvenuto ieri, con tanto di video su you tube, trovate tutto sul sito e il blog.
Per il resto i palestinesi sono molto accoglienti, capisco poco di arabo, ma non mi sento a disagio per nulla. Ci sono alcune cose che ti fanno veramente incazzare, come le lunghe file ai checkpoint per passare da una città all'altra o per muoverti all'interno di una stessa città, e sono città palestinesi eh, non israeliane, o i lunghi tempi di percorrenza (per esempio At-Tuwani-Gerusalemme, 40 minuti in macchina, ma 2 ore e mezzo con i service che siamo costretti a prendere) e tutto questo solo perché non si è israeliani puri.
La vita al villaggio non è semplicissima, la luce c'è solo per 3 ore al giorno, l'acqua è poca, andiamo al pozzo a prenderla, ma non ci si può fare la doccia, solo lavarsi un po' ogni tanto con le bottiglie. Ma ci si adatta molto facilmente. C'è molto caldo, ma non l'afa polesana, appena si sale un po' una collina è un po' ventilato. Stiamo sempre vestite noi donne, maniche lunghe, pantaloni lunghi e capelli legati, quindi sono abbronzata a tratti. Si cammina molto su e giù per le colline sassose e spinose, ma alcuni giorni non c'è molto da fare perché il periodo estivo è più tranquillo, quindi ci si può anche riposare. Di notte dormiamo sul tetto perché fa caldo, abbiamo dei materassini che buttiamo a terra, ma non si riposa molto perché ci sono sempre rumori, cani, capre, asini, ecc. ma almeno c'è un cielo fantastico, carico di stelle.
                                                                        Angela

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03 agosto 2010
Quel che mi piace di Operazione Colomba è che, in un conflitto, non sostiene una parte piuttosto di un'altra, ma si schiera contro le ingiustizie, quindi è forte anche la collaborazione con la parte israeliana, in particolare con le associazioni della società civile. Tutti i venerdì ci sono manifestazioni, in particolare a Gerusalemme Ovest (Israele) contro l'espansione delle colonie in West Bank (Palestina) e verso Gerusalemme Est (Palestina) e contro la costruzione del muro. Anche noi abbiamo partecipato ad una di queste manifestazioni, è bello vedere tanti israeliani che si mobilitano contro il proprio governo perché ponga fine all'occupazione. Ci sono varie modalità, una per esempio è quella delle “Donne in nero”, un gruppo di donne israeliane vestite di nero che stanno ferme immobili ad un incrocio, senza reagire agli insulti, agli sputi in faccia o ad altro che fanno loro i passanti.
Al villaggio la vita procede nell'ordinaria tensione, tra giornate tranquille e giornate super movimentate. Condivido un paio di cose: una giornata trascorsa in una scuola che si trova proprio in mezzo al deserto, inaugurata lo scorso settembre per dare la possibilità ai bambini dei villaggi vicini di andare a scuola, prima non potevano andarci perché le altre scuole erano troppo distanti. Le aule sono tre tende con un po' di banchi, sedie ed una lavagna.
Il tutto costruito un po' alla volta dai professori dopo le lezioni (ve li immaginate professori italiani che pavimentano e puliscono le aule dopo la scuola?). Non vi dico il viaggio, su e giù da colline rocciose e desertiche con una macchina fantasma che ogni tanto si spegneva e si doveva scendere per poi ripartire. Comunque giornata bellissima, gli uomini del villaggio hanno sfidato i ragazzini a pallamano e hanno fatto le gare di velocità nel mangiare un sacchetto di patatine, cose semplici e comuni che loro assaporano molto perché hanno raramente la possibilità di farlo. Poi 5 ragazzini hanno ballato la dabke, ballo tipico palestinese, che però solo gli uomini possono ballare in pubblico. Vedeste che bravi.
Altra bella esperienza è stata la notte trascorsa in un villaggio vicino raggiunto al chiaro di luna piena. Una famiglia che vive in una grotta, ma vedeste che bella e che grande. Ha 10 figli, non naviga certo nell'oro, ma riuscirà a mandare un figlio all'università, pensate: un villaggio sperduto, in cui ci sono solo 3 famiglie di pastori e nient'altro, ed un ragazzo riuscirà ad andare all'università. L'altra famiglia del villaggio abita in una tenda, ma anche questa grande e bella. Non manca proprio nulla! In chiusura devo raccontarvi di un villaggio beduino visitato qualche giorno fa, dico devo perché mi hanno chiesto di raccontare la loro situazione. Il nome del villaggio è scomparso dalle ultime carte geografiche tanto è povero e mal ridotto. E' fisicamente schiacciato da una colonia che si sta espandendo sempre di più, stanno costruendo una strada proprio attaccata alle tende delle famiglie, che sono parecchio povere, e sempre più case coloniche (che sono invece molto belle). Negli ultimi mesi la colonia ha chiuso molte volte l'acqua al villaggio e molto spesso i coloni entrano e distruggono o spaventano, come è successo l'altra notte. Gli abitanti del villaggio godono dello status di rifugiati riconosciuto dall'UNRWA (sono rifugiati del '48 e del '67), ma nulla cambia, l'agenzia sa quanto avviene, ma non può fare nulla. Dopo un po' di racconti il ragazzo del villaggio ha concluso dicendo: “It's our life”. E' una frase che mi è rimasta molto impressa, sanno che è la loro vita e la accettano, ma noi speriamo che un cambiamento ci sia e che prima o poi loro possano tornare a godere del diritto alla terra, alla casa, all'accesso all'acqua ecc.
La donna più anziana mi ha detto: “Come si fa a crescere dei bambini in queste condizioni?”.
Se visitate il sito (www.operazionecolomba.com) ed il blog (Tuwani(R)esiste) trovate il comunicato stampa che abbiamo fatto l'altro giorno su un incidente avvenuto proprio in questo villaggio.
Diciamo che noi ci troviamo al sud della Palestina, nonché di Israele, e come tutti i “sud” sono un po' dimenticati, associazioni ed ong palestinesi, israeliane ed internazionali si concentrano al nord, qui sono un po' abbandonati. Quando diciamo che ci troviamo in un villaggio a sud di Yatta (che è la città più vicina (tra l'altro molto mafiosa)), ci rispondono: “Ma c'è qualcosa a sud di Yatta?”.
Per il resto tutto bene, mi hanno chiesto se voglio diventare la seconda moglie di un tipo del villaggio e, generosamente, mi hanno dato 3 giorni per pensarci. Questo tra l'altro ha portato ilarità al villaggio, già una famiglia se la sta ridendo un sacco perché dice che resterò ad At-Tuwani.
Vi abbraccio, attendo vostre notizie.
                                                                        Angela

P.S.
Se volete organizzare qualche raccolta fondi pro-progetto Palestina, è ben accolta. In forma privata, pubblica, formale, informale. Il progetto viene portato avanti da volontari, ma ovviamente spese di gestione e soprattutto per le strumentazioni ce ne sono sempre. Ho incarico il mio babbo di fare un po' di raccolta fondi, se volete contribuire... comunque quando torno mi piacerebbe organizzare un incontro con i volontari di Operazione Colomba per raccontare un po' l'esperienza e spiegare bene il progetto.

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