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I NUOVI INGANNI PER GLI OPG

Il 25 gennaio, il Senato ha approvato un emendamento, incluso nel cosiddetto “Decreto svuota carceri”, in cui si indicano “disposizioni per il definitivo superamento degli Opg”. Ma le cose non stanno così.

 

Il 25 gennaio, il Senato ha approvato un emendamento, incluso nel cosiddetto “Decreto svuota carceri”, in cui si indicano “disposizioni per il definitivo superamento degli Opg”. In sintesi, l’emendamento prevede che, a decorrere dal 31 marzo 2013, le misure di sicurezza del ricovero in Opg siano eseguite esclusivamente all’interno di strutture sanitariei cui requisiti – strutturali, tecnologici e organizzativi – saranno stabiliti entro il 31 marzo 2012, da un ulteriore Decreto definito di concerto tra il Ministro della salute, il Ministro della giustizia e la Conferenza permanente Stato-Regioni. Tali strutture, destinate di norma a soggetti provenienti dal territorio regionale in cui sono ubicate, dovranno essere a esclusiva gestione “sanitaria”, prevedendo eventualmente, in rapporto della tipologia degli internati, un’attività “perimetrale di sicurezza e vigilanza esterna”.
Al di là delle dichiarazioni di “definitivo superamento degli Opg” e “destinazione a strutture puramente sanitarie”, che suonano straordinariamente positive, si rilevano una serie di aporie e nodi che non vengono sciolti.
Proviamo a elencarli.

  1. La nuova legislazione non tocca minimamente gli articoli dei Codici – penale e di procedura penale – riferiti ai concetti di pericolosità sociale del folle reo, di incapacità e di non imputabilità, che determinano il percorso di invio agli Opg, e quindi, d’ora in poi, l’invio alle nuove “residenze psichiatriche”. Residenze non meglio qualificate, il cui numero verrà stabilito dalle Regioni (sulla base di quali criteri?), le cui caratteristiche saranno decise da un Decreto ancora da elaborare, ma le cui finalità restano integralmente quelle proprie della gestione di una misura di sicurezza detentiva.
  2. È fin troppo facile prevedere la moltiplicazione di queste residenze, ciascuna delle quali doveva essere inizialmente dotata di 20 posti letto: numero poi scomparso, in sede di definitiva approvazione del Decreto in aula. Le deplorevoli condizioni dei manicomi giudiziari, la crisi molto esplicita dei concetti di “non imputabilità” e di “pericolosità sociale” nel dibattito culturale e scientifico, hanno certamente contribuito, negli ultimi anni, a una notevole cautela nell’invio dei pazienti agli Opg da parte di numerosi magistrati. L’allestimento di “nuove residenze psichiatriche”, che si potranno supporre più appropriate sotto il profilo logistico, e più assistite sotto il profilo sanitario, legittimerà le varie istanze sanitarie e giudiziarie ad abbassare la soglia di accesso ai nuovi surrogati degli Opg. E mentre è facile prevedere un notevole aumento del numero degli internamenti, nulla garantisce che l’abnorme sistema di proroghe delle misure di sicurezza, attualmente utilizzato, venga a cessare.
  3. La condizione in cui versa la gran parte dei Servizi psichiatrici di Diagnosi e cura nel nostro paese, spesso a porte chiuse, con sistemi di videosorveglianza, con l’estesissimo utilizzo di mezzi di contenzione fisica per soggetti che nessun reato hanno commesso, lascia facilmente intravedere quali saranno le reali strutturazioni delle nuove residenze psichiatriche per soggetti che hanno commesso reati, considerati in sentenza “socialmente pericolosi a sé e agli altri”.
  4. Rinnovare con una legge, nel 2012, la legittimità del concetto di “pericolosità sociale” collegato all’infermità mentale (concetto ormai considerato, da giuristi e psichiatri, privo di qualsiasi base scientifica ed empirica), e della nozione di “totale incapacità di intendere e di volere”, pur essa fortemente criticata da più parti negli ultimi decenni, significa assumersi la grave responsabilità di contrasto allo spirito e alla lettera della Legge 180/78, che ha abolito il nesso “malattia mentale - pericolosità sociale”, sostenendo con forza la responsabilità e i diritti di ogni cittadino, tra cui il diritto di ciascuno di essere giudicato e – se reo – condannato.
  5. La proliferazione di residenze ad alta sorveglianza, dichiaratamente sanitarie, riconsegna agli psichiatri la responsabilità della custodia, ricostruendo in concreto il nesso cura-custodia, e quindi responsabilità penale del curante-custode.
  6. Si continua a non stabilire garanzia alcuna per l’internato, a differenza del regime carcerario, in cui quanto meno una serie di garanzie per i detenuti – in primis la certezza di fine pena – esistono in misura molto articolata. In altre parole, si rifondano nel 2012 misure specifiche per i “folli rei”: da un lato si ribadisce un nesso inaccettabile, riproponendo uno stigma di carattere generale; dall’altro ci si collega a sistemi di sorveglianza e gestione esclusiva da parte degli psichiatri, ricostituendo in queste strutture tutte le caratteristiche dei manicomi.

In definitiva, il nostro giudizio sull’affrettato dispositivo legislativo resta di grande allarme. Al di là delle buone intenzioni del legislatore, l’emendamento votato in Senato configura un attacco formidabile alla Legge 180, con il rischio di una prosecuzione sine die – e in dimensioni non prevedibili – dell’istituto della misura di sicurezza. Istituto introdotto nella nostra legislazione in piena epoca fascista, e della cui persistenza nei nostri Codici non si sente assolutamente il bisogno.
Proponiamo quindi, come ancora più impellente, una modifica legislativa che aggredendo il nocciolo delle questioni (Art. 88 del Codice penale, codice Rocco e tutta la legislazione collegata), abroghi definitivamente e davvero il manicomio giudiziario, abrogando le leggi che ne determinano, sotto qualsiasi nuova veste, la persistenza in vita. Si tratta di smontare i concetti di “pericolosità” e di “non imputabilità”, il doppio binario delle misure di sicurezza, restituendo al generale ordinamento penale le persone con disturbo mentale. Di fronte alla giustizia non deve più esistere il “folle reo”, ma solo un reo che, se infermo di mente, incontrerà misure alternative in sede di esecuzione della pena: misure già ampiamente previste dalla legislazione vigente di fronte a diverse infermità, e forse da ulteriormente precisare nella fattispecie dell’infermità mentale.
 
Tra i primi firmatari del documento: Franco Rotelli, Giovanna Gallio, Peppe Dell’Acqua, Giovanna Del Giudice, Luciano Carrino, Alberta Basaglia, Benedetto Saraceno, Mario Novello, Ota de Leonardis, Giorgio Bignami, Ernesto Venturini, Maria Grazia Giannichedda, Silvia Jop, Angelo Righetti, Chiara Strutti, Carmen Roll, Diana Mauri, Roberto Mezzina, Cristiano Castelfranchi, Lello Ferrara e molte altre firme.

Il testo integrale della lettera si trova nei siti internet  www.stopopg.it  e  www.confbasaglia.org  cui si invita a inviare le adesioni.

 

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