IL CARCERE: LUOGO DI SOFFERENZA E MORTE
Nell’analisi sull’operato del 2011 il problema più grave del carcere di Rovigo – evidenziato da Ferrari - resta quello del sovraffollamento, con tutto quanto si correla a questa situazione. Mediamente la popolazione detenuta nella Casa Circondariale di via Verdi ammonta a 110/130 persone, delle quali 90-110 uomini e 15-30 donne, suddivisi nella maniera seguente: in attesa di giudizio: 38%; condannati in attesa di appello: 16%; definitivi condannati: 46%. Il 62% della popolazione detenuta maschile e l’80% di quella femminile, è costituita da persone straniere in maggioranza extracomunitari, spesso privi di titolo di soggiorno e di punti di riferimento nell’area rodigina, per i quali formalmente è possibile l’accesso alle misure alternative, ma che comunque a fine pena sono soggetti all’espulsione. Le segnalazioni arrivate all’Ufficio del Garante nel corso dello scorso anno, per lettera scritta o per e-mail, da parte di detenuti o familiari di essi, sono state attorno al centinaio. I problemi più ricorrenti riguardano lo stato di salute, la concessione o il diniego di misure alternative o di permessi e i trasferimenti. Entrando nel merito della tipologia degli interventi sollecitati dalle persone detenute la gran parte delle segnalazioni concernono la paura di veder peggiorare la propria salute, già compromessa in modo conclamato, ovvero di non poter contare su una tempestiva diagnosi e cura di una patologia al momento della segnalazione ancora sintomatica ovvero di recente diagnosticata.
“È oggettivamente sempre più imbarazzante parlare dei detenuti morti nelle carceri italiane, in quanto le cifre sono impressionanti: 186 morti, di cui ben 66 per suicidio. Una vera e propria strage, che continua ininterrotta anche nel 2012 con attualmente: 62 morti dei quali 21 per suicidio, che ci deve far interrogare su un carcere non più solo luogo di limitazione della libertà personale, ma istituzione dove si rischia la vita e spesso la si perde. Il rapporto tra i suicidi delle persone ristrette in carcere e quelle libere è di 19 ad 1: una percentuale talmente sproporzionata da non essere spiegabile unicamente con la difficile situazione psicologica derivante dalla limitazione della libertà personale.
Carcere significa sovraffollamento, strutture vetuste, mancanza delle minime condizioni di igiene e spesso di cure sanitarie, ma anche isolamento prolungato e luogo dove vengono meno i principi fondamentali del diritto e dell’umanità. Pare evidente che quando alla limitazione della libertà personale si sommano altre condizioni di disagio, la situazione dei detenuti diventa drammatica e spesso porta ad un tale livello di disperazione da indurre al suicidio. Non da sottovalutare anche il prezzo pagato dalla polizia penitenziaria, sempre per quanto riguarda morti e suicidi (un centinaio dal 2000) e problemi di natura psichica e di dipendenza a sostanze. Se è vero che la civiltà di un popolo si misura dalle sue carceri, le cifre di coloro che muoiono nelle carceri italiane dimostrano che, lungi dall’essere luoghi di rieducazione, come vuole la Costituzione, esse finiscano per diventare vere e proprie discariche sociali".