Nella città e in provincia, negli anni precedenti, avevano sì avuto inizio esperienze di accoglienza e cooperazione, ma rispetto alle necessità che esprimeva con sempre più dolore il nostro territorio restavano purtroppo una goccia in un deserto di bisogni, e il dato più allarmante in questo panorama era la completa assenza degli enti locali che delegavano impropriamente il tutto all'intervento sporadico e privato, dove per privato si intende nella quasi totalità dei casi il mondo cattolico.
L'incontro, di un gruppo di ragazzi e ragazze che portavano avanti da qualche anno una ricerca soprattutto interiore, con la storia e l'esperienza di San Francesco d'Assisi, è stato illuminante al punto da voler diventare reale rifacendosi, in qualche modo, all'esempio francescano per realizzare quelle “iniziative coraggiose” che, enunciate nella regola dei francescani secolari, sono la maggior parte delle volte difficilmente traducibili in scelte di vita quotidiana. L'incontro di Francesco con il lebbroso, l'emarginato di quel tempo, è divenuto per noi fondante e ha tradotto il significato dell'incontro con il lebbroso di oggi: malato di aids, tossicodipendente, disabile psichico e fisico, carcerato, senza dimora, etc. Si è voluto riproporre lo stesso atteggiamento di accoglienza, prima di tutto culturale ed interiore, con una proposta di sostegno ed aiuto, che desidera porsi come momento di incontro, ascolto, accompagnamento, condivisione e progettualità nei percorsi del disagio.
Tanti sono stati i progetti, le iniziative e le scelte attuate in questi anni, assieme a mille muri di difficoltà che si sono frapposti, perché camminare sulle strade della solidarietà è significato tra l'altro diventare spesso marginali nella marginalità. La diversità è ancora una “brutta bestia” e chi rompe con il muro dell'omertà, piccola o grande che sia, e viaggia fianco a fianco con il diverso crea sospetti e non viene facilmente accettato. Quest'esperienza ci ha fatto scoprire la seconda faccia della medaglia: cioè che oltre all'aiuto diretto a chi è in difficoltà assume un'importanza fondamentale la trasmissione culturale del concetto di solidarietà, proprio perché i progetti di reinserimento possano trovare effettiva incidenza e siano condivisi e sostenuti, e perché si riduca il più possibile la distanza con il territorio, il quartiere e il palazzo.
Ma se la lontananza di parte del territorio è soprattutto dovuta alla mancata conoscenza, alla paura e ai preconcetti, e la possibilità di mettere da parte tutte le difficoltà di comprensione per una disponibilità che spesso viene ampiamente riscoperta, è una conquista quasi mai impossibile, risulta assai drammatico l'atteggiamento della classe politica con la quale, per forza di cose, si ricerca da sempre il dialogo. Perché la diversità nel nostro caso diventa più stridente e, con pochi distinguo tra le varie sigle e schieramenti, si parlano lingue troppo diseguali. Infatti la logica di chi amministra la cosa pubblica è purtroppo “logica di potere”, di “lobbies”, e per quanto in questo gioco il mondo del sociale cerchi di incidere ed essere contrattuale, fa ancora troppa fatica a compattarsi, a lavorare insieme, ad aumentare nella coscienza del proprio ruolo politico, che sono necessità evidenti per evitare di divenire funzionali al sistema. Pertanto non usa gli spazi conquistati in modo tale da poter scardinare gli interessi economici che sottintendono ogni potere.
L'esperienza di questi anni del Centro Francescano di Ascolto ci porta a rifiutare quel ruolo improprio di supplenza ai compiti del pubblico, per richiamare ogni componente della società a fare la propria parte, per migliorare la qualità della vita, con tanta attenzione alle persone più deboli ed a rischio, che non sono in grado di tutelarsi ed orientarsi in una società sempre più complessa, dove giorno per giorno aumenta in maniera esagerata il divario tra coloro che sono inseriti nel ciclo produttivo e chi ne è escluso.